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al testo di Amabilino Michele
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LA CASA DELLA FORTUNA Racconto di Michele Amabilino 1994 in un paesino del Molise… -Geraldo, Geraldo, apri presto…-gridò una voce di uomo, picchiando su di una porta grezza e tarlata. Dopo un po’ qualcuno aprì l’uscio di casa e si affacciò fuori a guardare. Si trovò davanti un vecchio, curvo e magro come un chiodo, vestito di nero. Quest’ultimo disse con voce alterata: -Tuo figlio Luca si è infortunato, è caduto da una scala e si è rotto una gamba. E a casa sua che cammina con una stampella. Il vecchio Geraldo borbottò qualcosa poi alzò il tono della voce, piuttosto alterato : -Accidenti, questo non ci voleva. E per quanto starà così? Il medico del paese che ha detto ? Ma entra pure compare Mariano che le offro un goccio. Il vecchio curvo e magro di nome Mariano : -Dormivi ? -Si. Il vecchio Damiano entrando nella misera dimora : -Hai cucinato qualcosa con l’aglio ? Si sente ad un miglio di distanza. Il vecchio Damiano si sedette mentre il padrone di casa portava dei bicchieri e una bottiglia di rosso. -Bevi un goccio… è quello buono. I due si misero a parlare, a bere poi il vecchio Geraldo prese il cappello nero e il bastone e disse : -Andiamo da Luca… - e così dicendo chiuse la porta di casa con una grossa chiave, sospirò guardando la sua misera dimora fatta di pietre poi si incamminò con il compare lungo la strada in terra battuta fiancheggiata da vecchi alberi. Arrivarono nel cuore del paese e tra le tante abitazioni, si diressero verso una in particolare dai muri calcinati , a due livelli abitata da povera gente. Geraldo era un vecchio contadino in pensione, vedovo da molti anni, viveva da solo, appartato, in una casupola isolata dal paese, aveva quasi novant’anni ma se li portava bene, lucido e autosufficiente. Il vecchio Geraldo aveva ereditato dal genitore una grande casa a due livelli alle porte del paese, era ormai un rudere sopravvissuto ai bombardamenti dell’ultima guerra e tristemente nota a tutti gli abitanti di quel povero paese, una casa che era stata un quartier generale dei tedeschi, una casa che non godeva buona fama e Geraldo ne era il proprietario. Il suo sogno ? Risparmiare denaro per ristrutturarla e poi regalarla ai suoi tre figli, Simone, Luca e Giovanni. Era riuscito a risparmiare denaro per tutta la vita e finalmente ora possedeva la somma necessaria per i lavori. Avrebbe chiamato i suoi figli come muratori per la vecchia casa nazista, l’avrebbe rivista rifiorire riportandola agli antichi splendori, ripulita dagli orrori della Storia. In paese quella casa aveva un nome. La chiamavano la Vecchia Tedesca. Geraldo spesso si recava colà ad osservarla ricordando gli anni giovanili. Dal balcone del primo piano, ricordava di aver visto da ragazzo sventolare una bandiera nazista, gli sembrava di sentire ancora nell’aria, le voci dei soldati, degli ufficiali, di rivedere le loro divise, le armi, i carri armati, le auto, i cannoni, le mitragliatrici da campo, i camion dei soldati. Una notte, erano fuggiti come conigli, consapevoli della loro disfatta, per sottrarsi alle truppe alleate di liberazione, ai partigiani. Una notte che per tutti era ricordata come la fine della guerra e la disfatta del regime nazista. Qualche volta, toglieva la catena della porta principale, girovagava per le stanze, inseguendo ricordi, osservando i muri, le stanze che raccontavano un pezzo di Storia scritto con il sangue. I due vecchi attraversarono le strade del paese e si dirissero verso una povera casa tra le tante. Bussarono ad una porta e qualcuno si affrettò ad aprire e farli entrare in una grande stanza arredata di povere cose, animata dai giochi di alcuni bambini e da due donne indaffarate nel preparare un pasto caldo. Il vecchio Geraldo ai presenti: - Dov’è l’infortunato ? A quella domanda sbucò da una seconda stanza un uomo di mezza età che camminava a fatica con una stampella-
Una risata nervosa, incredula, fu la risposta del vecchio.
Il vecchio Geraldo con voce tremante :
Il vecchio Geraldo :
Uscirono, chiusero le finestre, con la catena la vecchia porta, il recinto. Luca si fermò a controllare che tutto fosse in sicurezza poi aggiunse : Questa sera farò il primo turno di guardia alla casa, domani tu Giovanni , il secondo turno e così a rotazione. Intanto ritorniamo alle nostre case. Quella sera Luca per giustificare alla moglie e ai figli il suo lavoro extra di guardiano notturno alla Vecchia Tedesca, inventò una storia di furti di materiale e questa versione fu la stessa che fornirono gli altri due fratelli alle rispettive famiglie. Nei giorni seguenti fu contattato lo strozzino, chiamato alla Vecchia Tedesca per un colloquio di affari. Ma chi era Pippo lo strozzino ? Un uomo quasi vecchio con una grossa testa in un corpo piccolo e gracile, deformato da una gobba, occhi piccoli e neri, mobilissimi, un naso pronunciato come quello di un rapace. Gestiva un modesto negozio di alimentari nel paese ma questa attività era una copertura per altri interessi. Single, viveva in una casa squallida in compagnia di quattro grossi cani, girava in paese e altrove con una Fiat 1200 del 1961 a quattro porte e di color nero. Ecco come si svolse il colloquio… Il vecchio Geraldo : -…allora Pippo ti abbiamo fatto vedere il tesoro, compari in un affare colossale ma…sei sicuro di riuscire a vendere l’oro ? Lo strozzino con entusiasmo : - Ma certo… però mi servirò di alcuni miei uomini fidati per il cambio e poi, per il contante, consiglio dei prestanomi di mia conoscenza, naturalmente prezzolati. E’ necessario… - Ma così non c’è il rischio di un imbroglio ? – tuonò il vecchio Geraldo. L’usuraio : - Rispondo io dei miei ragazzi, sono un uomo d’onore. L’uomo chiamò Luca : - Papà, questa storia non mi piace…dobbiamo fidarci di estranei… Il vecchio Geraldo ci pensò un po’ poi concluse con lo strozzino :
Accadde una notte, il vecchio Geraldo si trovava alla Vecchia Tedesca, fuori con una lampada da campeggio in mano accesa, ad aspettare il camion dello strozzino e dei suoi brutti ceffi dei suoi compari, per fare un altro carico ma quella notte era destino che accadesse qualcosa di inaspettato. Il vecchio Geraldo si trovava fuori della casa, ad aguzzare gli occhi, a guardare lontano, la vecchia strada in terra battuta che portava al paese, già vedeva i fari del camion in lontananza, quando all’improvviso, udì come un brontolìo poi un sinistro scricchiolìo, si voltò in direzione della casa e quello che vide a momenti gli provocò un infarto, poco alla volta la pavimentazione della strada dove era edificata la casa, cedere come in un evento sismico, sentì paurosi scricchiolii e poi vide dei calcinacci dell’edificio staccarsi dalle pareti, impaurito indietreggiò, verso l’esterno, allontanandosi dall’edificio mentre sopraggiungeva il camion. A questo punto, improvvisamente, nella poca luce di un lampione vicino, vide una crepa nel suolo poi aprirsi una voragine che inghiottiva un muro maestro, tra il fragore assordante e poi, ancora, altri muri e tutto quanto affondare in un crepaccio che sembrava profondo, come un abisso, come le porte dell’inferno. Tutto cadde all’interno della voragine tra la polvere, il fragore dei muri sgretolati e il terrore del vecchio e di quanti stavano all’interno del camion che si era fermato quasi di colpo. Una nuvola di polvere oscurò la loro vista e quando essa si sollevò rivelò nel terreno una profonda buca dove la casa era implosa. Il vecchio Geraldo balbettò qualcosa, gridò a squarciagola la sua disperazione, guardò sul ciglio della buca e vide qualche pietra dell’edificio e nient’altro. Era tutto precipitato in una caverna profonda chissà quanti metri sottoterra, forse scavata dall’acqua, una caverna che aveva seppellito il suo tesoro, la sua smania di ricchezza. 2019
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